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Il Piccolo, 28 febbraio 2009 
 
L’IPOTESI DI UNA CENTRALE IN CITTÀ  
Nucleare, il Consiglio comunale chiede chiarimenti al governo  
Da Antonaz (Rifondazione) un’interrogazione in Regione Preoccupazioni del Pd cittadino
 
 
Il Consiglio comunale di Monfalcone chiederà chiarimenti ad amministrazione regionale e Governo sul possibile inserimento della città tra i siti destinati ad accogliere una centrale nucleare. «Spero che la candidatura di Monfalcone sia una boutade – afferma il presidente dell’assemblea, Marco Ghinelli -, soprattutto a fronte di quanto la città ha già dato in salute e ambiente. Non so nemmeno se sia un’ipotesi facilmente percorribile sotto il profilo tecnico, visto lo spazio a disposizione dell’attuale impianto termoelettrico, peraltro inserito in un contesto densamente abitato. Quanto prima chiederemo chiarimenti anche come Consiglio comunale».
Il consigliere regionale di Rifondazione comunista, il monfalconese Roberto Antonaz, intanto si è già mosso attraverso un’interrogazione a risposta immediata con cui sollecita al presidente della Regione Renzo Tondo una «dichiarazione definitiva che faccia conoscere senza ambiguità la posizione della Regione in merito». L’esponente di Rc sollecita però anche «un intervento forte e determinato sul ministro Scajola atto a escludere la Regione Friuli Venezia Giulia e il sito di Monfalcone da ogni possibile individuazione di sede di future centrali nucleari». Antonaz si è mosso alla luce delle ripetute indiscrezioni di questi giorni sulla individuazione di Monfalcone come possibile sito di una delle quattro centrali nucleari che il Governo Berlusconi ha intenzione di realizzare. Il consigliere regionale non nasconde comunque di ritenere la scelta governativa di ricorrere all’energia nucleare «profondamente sbagliata, antieconomica e pericolosissima per la sicurezza e la salute dei cittadini». «Bisogna considerare però anche la qualità ambientale di Monfalcone – sottolinea Antonaz – già deteriorata dalla presenza di fonti inquinanti e pericolose per scelte errate compiute nei decenni passati. Ci sarebbe da auspicare piuttosto quindi un alleggerimento della presenza di impianti energetici, per permettere al Monfalconese il recupero di standard ambientali oggi fortemente compromessi».
La questione dell’approvvigionamento energetico è importante, secondo il segretario comunale del Pd Paolo Frisenna, che si chiede però come «una tecnologia che non darà alcun contributo sino al 2020 e che non ha ancora saputo rispondere alle 2 principali problematiche che incorpora, cioé la limitazione dei danni dovuti alla produzione di energia e lo smaltimento delle scorie, possa essere la risposta ai problemi di competitività e di fabbisogno energetico di oggi». «Normale sarebbe, credo, capire prima di tutto quale sia il contributo al fabbisogno energetico del nostro Paese che la nostra regione vuole apportare – prosegue Frisenna – e di conseguenza quale piano per lo sviluppo energetico la giunta Tondo intenda proporre. Nel 2020 non avrò ancora compiuto 40 anni e il nostro territorio assisterà a quello che gli studiosi prevedono possa essere il picco di incidenza delle malattie asbesto correlate, ma non voglio pensare all’idea di dover anche vivere in una piccola Springfield».

Messaggero Veneto, 01 marzo 2009 
 
Ipotesi nucleare, Ps-Sdi e Pd criticano il governatore Tondo 
MONFALCONE 
Il presidente del Fvg difeso da Nicoli (Fi-Pdl)
 
 
MONFALCONE. «Caro governatore, non scherziamo con una centrale nucleare: siamo già presi con il proliferare di piccole centrali a biomasse in assenza di una pianificazione regionale in materia. Ora, se lei vuole trasformare la nostra area in un sito di produzione energetica, lo venga a dire in consiglio comunale. L’aspettiamo»: sollecita chiarezza il capogruppo Ps-Sdi di Monfalcone, Giacomo Panariello, sull’ipotesi emersa dopo la firma del protocollo Italia-Francia di fare una centrale nucleare in città.
«Siamo esterrefatti per superficialità con cui si affronta il tema del nucleare nel nostro Paese e per la disponibilità francese nella collaborazione di una futura partnership nella realizzazione di ben 4 centrali. Il nostro Paese – dice Panariello – è a rischio sismico. Qualcuno potrà dire che lo è anche il Giappone e che lì sono state costruite centrali nucleari anti-sismiche a elevate garanzie. Però è anche vero che noi siamo in Europa e che con la moneta unica e l’abbattimento delle frontiere anche l’energia può essere condivisa e siamo anche un Paese di villeggiatura e grande rilevanza storica».
Sarkozy, secondo Panariello, avrebbe dovuto firmare un protocollo per la vendita dell’energia a prezzo concordato, “vietando” con il buon senso l’ipotesi d’installazione di centrali nucleari. La ciliegina sulla torta è poi la posizione di Tondo che si dichiara favorevole all’uso del nucleare per produrre energia elettrica. Circa la possibilità di realizzare una centrale in città, Panariello afferma che «Monfalcone ha già dato e sta dando. Certe affermazioni, forse fatte ad arte, distolgono i cittadini dai grandi problemi economici che attanagliano il Paese e la regione. In merito, poi, al fatto che potrebbe essere usata la cassa di colmata ribadiamo che lì esiste un sito d’interesse comunitario e che comunque è destinata allo sviluppo del porto».
Il segretario cittadino del Pd, Paolo Frisenna, si chiede «come una tecnologia che non darà alcun contributo sino al 2020 e che non ha ancora saputo rispondere ai due principali problemi che incorpora, ovvero come limitare i danni dovuti alla produzione di energia e come smaltire le scorie della produzione, possa essere la risposta ai problemi di competitività e fabbisogno energetico. Normale sarebbe, credo, capire prima di tutto quale sia il contributo al fabbisogno energetico del nostro Paese che la nostra regione vuole apportare e quindi quale piano per lo sviluppo energetico la giunta Tondo intenda proporre, sempre se ne esiste uno, e in che modo la destra intenda relazionarsi con la gente che con tali scelte dovrà convivere».
Il coordinatore cittadino e consigliere comunale di Fi-Pdl, Giuseppe Nicoli, sottolinea come la sinistra stia facendo disinformazione, visto che «nessuno ha mai parlato di Monfalcone quale sito nucleare e Tondo l’ha confermato. Tali preoccupazioni creano confusione su un tema su cui c’è ampia ignoranza. Mi chiedo, poi, quale possa essere la preoccupazione, visto che vicino a noi, in Slovenia, c’è già un sito nucleare su cui l’Italia non ha alcun controllo». Ribadisce quindi le posizioni del Pdl su nucleare e accordi con la Francia, riconoscendo la necessità di trovare fonti alternative per la produzione di energia e di potenziare le fonti rinnovabili come eolico, solare, idrico. «Ma queste non possono soddisfare le esigenze del nostro Paese. In un’ottica di assetti internazionali fluidi va garantita l’autosufficienza energetica». (cr.vi.)

Il Piccolo, 01 marzo 2009 
 
NICOLI (FI) RASSICURA. I TIMORI DEI SOCIALISTI  
«Nessuna centrale nucleare in città solo disinformazione della sinistra»
  
 
Sulla possibile installazione di una centrale nucleare a Monfalcone la sinistra sta facendo pura disinformazione. E’ quanto ribatte, in modo molto duro, il coordinatore locale di Forza Italia e componente del coordinamento regionale del Pdl, Giuseppe Nicoli, a quanti in questi giorni hanno accusato il Governo nazionale e regionale di aver superficialmente inserito anche la città tra i possibili siti in cui installare un impianto a energia atomica. «Nessuno ha mai parlato di Monfalcone – afferma Nicoli – e il presidente Tondo l’ha confermato. Credo quindi sia in atto solo un tentativo di creare confusione e paura nella comunità per sviare l’interesse dai problemi reali della città e dall’incapacità di questa amministrazione di affrontarli». Nicoli ritiene inoltre assurdo sollevare paure su qualcosa che non esiste, soprattutto a fronte di una centrale nucleare che invece si trova di fatto a pochi chilometri di distanza, ma in territorio sloveno e quindi al di fuori di qualsiasi controllo da parte italiana. «Sono d’accordo sull’esigenza di potenziare le fonti energetiche rinnovabili – aggiunge Nicoli -, che però sappiamo non sono sufficienti a soddisfare un Paese industriale come il nostro, ma anche di diversificare le fonti energetiche in modo da rendere autosufficiente l’Italia in un contesto internazionale non sempre stabile. Basti pensare alle ricadute sull’Europa della crisi del gas tra Russia e Ucraina».
Il Partito socialista monfalconese ritiene invece che sulla questione il Governo si stia muovendo con grande superficialità, anche perché, in un contesto di mercato unico europeo, «pure l’energia può essere condivisa». «E poi siamo o non siamo – si domanda il capogruppo consiliare del Ps, Giacomo Panariello – un Paese a vocazione turistica e di grande rilevanza storica con siti che tutto il mondo ci invidia? Il presidente Sarkozy avrebbe fatto bene a firmare un protocollo di vendita di energia a prezzo concordato, vietando, con il buon senso, l’ipotesi di installazione di centrali nucleari». Per quel che riguarda la possibile candidatura nucleare di Monfalcone anche il Ps ritiene che non sia proponibile a fronte di quanto la città «ha già dato». «Al governatore Renzo Tondo chiediamo di non scherzare con una centrale nucleare – aggiunge Panariello -, perché siamo già alle prese con il proliferare di piccole e meno piccole centrali a biomasse in assenza totale di una pianificazione regionale in materia».

Il Piccolo, 28 febbraio 2009 
 
UN DRAMMA CHE NON SI FERMA  
Amianto, morto un altro ex cantierino  
Aveva 61 anni. Deceduto a novembre, ma solo ora l’anziana madre denuncia il fatto
 
 
È deceduto a 61 anni, nella sua abitazione, a Turriaco, dopo tre anni e mezzo di atroci sofferenze. Angelo Vescovi è spirato a causa di un mesotelioma. Il male gli aveva invaso i polmoni, senza lasciargli scampo. Un’altra morte da amianto, che ora la madre dell’uomo, all’approssimarsi della data del compleanno del figlio, il 3 marzo prossimo, vuole denunciare. Angelo Vescovi è deceduto l’11 novembre scorso. Lascia la moglie e una figlia di 33 anni. Angelo aveva lavorato a lungo nei cantieri navali dello stabilimento di Panzano. Avrebbe voluto il silenzio, di fronte a un male ineluttabile, che da tempo gli aveva fatto perdere ogni speranza. Ma la madre Rosina Iacumin, lo vuole invece ricordare, proprio a ridosso della data del compleanno del figlio, che martedì avrebbe compiuto 62 anni. Il suo è il grido di dolore di una mamma, ma anche vuole essere una testimonianza di denuncia nei confronti di una tragedia che continua a mietere le sue vittime.
«Dopo tre anni di atroci sofferenze – sottolinea la madre – mio figlio ha cessato di vivere. È una morte non naturale, ma causata da quel killer che si chiama amianto. Il 3 marzo Angelo avrebbe compiuto 62 anni, ma i compleanni non ci saranno più. Sicuramente lui, da persona umile, avrebbe voluto il silenzio, ma io come mamma, voglio gridare e riconoscere la causa della sua morte. Tutto questo non è giusto, io sono anziana, a piangere una morte assurda. Gli è stata rubata la gioia di diventare nonno e di godersi la pensione, dopo anni di duro lavoro. E da notare – conclude – che due anni fa mi è morto un altro figlio, con le stesse sofferenze. Negli anni Sessanta anche lui lavorava nel cantiere di Monfalcone, ma è morto in Australia dov’era poi emigrato».
Angelo Vescovi aveva lavorato al cantiere di Panzano, con la qualifica di meccanico. Negli ultimi anni, prima di andare in quiescenza, era alle dipendenze del Comune di Monfalcone. I primi sintomi della malattia si sono manifestati tre anni e mezzo fa, quando era da poco andato in pensione. «Accusava un dolore dietro la schiena – racconta la madre -. Faceva regolari controlli, ma non era emerso nulla di preoccupante. All’ospedale di Monfalcone è stato quindi sottoposto a un intervento per verificare le cause di quel dolore. Gli è stato così diagnosticato il mesotelioma. Angelo ha voluto andare anche a Mestre, nella speranza di poter guarire. Invece i medici, dopo gli accertamenti, dissero che era troppo tardi, il tumore s’era esteso ai polmoni». Per Angelo Vescovi è stato sancito l’inizio della fine, sottoposto solo a chemioterapia e alla terapia del dolore. Un calvario di sofferenze che lo ha rapidamente consumato. «È morto con la sua sofferenza, a casa sua, non voleva andare in ospedale. Sapeva tutto del suo male, che l’aveva reso ancora più chiuso. Si sentiva abbandonato».
All’inizio di febbraio era deceduto per amianto Vincenzo Felice, 62 anni, nato a Monfalcone e residente a San Canzian. Nel gennaio scorso la stessa tragica sorte era toccata anche a Tristano Papais, ex gloria del basket monfalconese e regionale, ucciso da un mesotelioma alla pleura a 63 anni.

Il Piccolo, 28 febbraio 2009 
  
C’è un indagato per l’infortunio alla Cartiera  
Riserbo del pm sul nome. Il 17 gennaio perse la vita un dipendente della Compagnia portuale
 
 
Precise responsabilità all’origine dell’infortunio avvenuto alla Cartiera Burgo il 17 gennaio: ne è convinto il pm Giuseppe Lombardi. Da ieri c’è un indagato per la morte di Mauro Burg, l’operaio di Terzo di Aquileia fatto a pezzi dalle lame di un macchinario. Il nome del presunto responsabile è tenuto al momento riservato perché sono in corso gli ultimi definitivi accertamenti che consentiranno nei prossimi giorni agli investigatori di ricostruire esattamente quanto accaduto nella «segheria» della Cartiera di proprietà della Compagnia portuale di Monfalcone. Chi doveva vigilare non l’ha fatto e a causa di queste omissioni o più semplicemente dimenticanze si è verificato l’infortunio. «Siamo a buon punto con le indagini per definire il quadro completo. Entro pochi giorni tutto sarà chiaro», ha dichiarato ieri il pm di Trieste Lombardi. Di più non ha voluto aggiungere. Un solo indagato. Per la procura esistono due generi di responsabilità. Una relativa all’episodio in senso stretto in cui è morto l’operaio stritolato dalla sega circolare, l’altra riguardante la prevenzione degli infortuni. La prima è stata sostanzialmente la conseguenza dell’altra. I tecnici dell’Ass delegati dal magistrato stanno ultimando gli accertamenti riguardo all’impianto che è sotto sequestro dal giorno dell’incidente. Non solo: su incarico dello stesso pm Lombardi, i tecnici dell’Asl stanno definendo proprio le prescrizioni di sicurezza dell’impianto della segheria. Sul tavolo del pm ci sono anche i risultati della perizia tecnica sull’impianto. La relazione firmata da Claudio Milocco, responsabile della sicurezza dell’Ass, è ritenuta un elemento determinante delle indagini. Nel fascicolo ci sono anche copie di lettere della direzione della Compagnia indirizzate ad alcuni operai: vere e proprie contestazioni in cui si diffida dal bloccare il sistema di sicurezza della segheria.

Il Piccolo, 28 febbraio 2009 
 
IN LISTA D’ATTESA 320 RICHIEDENTI UN ALLOGGIO. UN CENTINAIO GLI ESCLUSI  
Ater, un inquilino su tre non paga l’affitto  
Accumulati crediti per 343mila euro. Insolventi 280 famiglie. Una ventina gli sfratti per morosità
 
 
di LAURA BORSANI

Cresce la povertà tra le famiglie monfalconesi. Lo indica il tasso di morosità rilevato dall’Ater di Gorizia in città, che vede aggravarsi lo stato debitorio dei propri inquilini. Dati aggiornati alla mano, al 31 gennaio scorso, l’ammontare complessivo relativo alla morosità registrata nella città dei cantieri è pari a 343 mila euro. Un importo che rappresenta la situazione di insolvenza di 270-280 famiglie, ossia l’equivalente di un terzo degli assegnatari di alloggi Ater a Monfalcone. Il canone di locazione medio applicato è di 115 euro mensili, considerando però anche importi ben inferiori, fino ai 30 euro al mese.
Scendendo nel dettaglio della cifra, si rileva altresì che il maggiore aggravamento della morosità ai fini del pagamento del canone di locazione è riconducibile solo a un quinto dei nuclei familiari debitori. Delle 280 famiglie, infatti, solo 52 risultano inadempienti per un importo di ben 257 mila euro. Morosità «croniche», dunque, che oscillano da un minimo di 9 mensilità non onorate fino a un massimo di 60 mensilità (quest’ultimo un unico caso, di particolare disagio economico).
Di fronte a questa difficile situazione, l’Ater ha avviato la relativa procedura, nell’ambito dei tempi di legge, di recupero dei crediti nei confronti di 56 nuclei familiari.
Non solo. Gli sfratti esecutivi in corso, sempre aggiornati al 31 gennaio 2009, sono una ventina. Si tratta di sfratti pressochè legati allo stato di morosità maturato nei confronti dell’azienda. Una realtà, insomma, che denuncia l’acuirsi del fenomeno legato alle nuove povertà figlie della crisi economica, e che l’Ater ha riscontrato nella sua problematicità già da qualche anno. Un quadro ritenuto pesante, per il quale è ragionevole peraltro ipotizzare un possibile ulteriore aggravamento.
Lo dimostrano, del resto, le stesse modalità e tempistiche relative alle procedure di recupero dei crediti condotte dall’azienda. Prima di attivare infatti l’ufficio legale preposto alla riscossione dei crediti per morosità, l’Ater effettua innumerevoli tentativi di sollecito, invitando l’inquilino inadempiente ad accettare una rateizzazione di rientro del debito maturato.
Le procedure durano anche oltre un anno e spesso, in virtù dell’intervento dei servizi sociali, si rinvia l’esecuzione. Un rinvio che tuttavia non può protrarsi all’infinito, considerata la lista d’attesa dei richiedenti un alloggio popolare. Una lista consistente, a fronte di oltre 320 famiglie inserite nell’ultima graduatoria definitiva stilata dall’Ater. Dietro, dunque, a un inquilino moroso c’è un cittadino che può aspirare all’assegnazione di un alloggio e che spesso conosce alcune situazioni debitorie e ne può pretendere l’intervento da parte dell’azienda al fine di poter ottenere una casa.
Ma l’emergenza non si limita alla gestione di questo delicato rapporto tra le morosità, caratterizzate anche da peculiari tipologie di disagio sociale, e i cittadini in attesa di un alloggio. L’Ater sta rilevando un’ulteriore segnale di impoverimento tra le famiglie monfalconesi, rappresentato dalle fasce cosiddette «medie». Nuclei familiari che, pur con un reddito basso, non hanno titolo per poter rientrare in graduatoria, posti al di fuori, anche di poco, dei parametri fissati, ma che, per contro, non hanno la facoltà di poter affrontare i costi del mercato privato. Si tratta di un centinaio di famiglie, in grado di poter pagare un affitto attorno ai 350-370 euro al mese. Una fascia sociale, pertanto, esclusa di fatto sia dalle «protezioni» proprie dell’edilizia sovvenzionata, sia dal mercato privato.
In questo senso, l’Ater sta lavorando ad una proposta, da inoltrare alla Regione, al fine di ottenere finanziamenti finalizzati alla realizzazione di abitazioni specificatamente destinabili a questa fascia, per la quale poter prevedere affitti congrui a canone concordato. 
 
EDILIZIA POPOLARE  
Presto altri cento appartamenti
 
 
Sono un centinaio gli alloggi popolari che l’Ater di Gorizia si sta preparando a reimmettere in città, riconsegnandoli alla disponibilità di nuovi inquilini.
Secondo i dati forniti dall’azienda, si tratta, in particolare, di sei abitazioni per le quali le assegnazioni sono già in corso, di quarantanove alloggi popolari per i quali sono in atto gli interventi di riatto, di trentuno appartamenti per i quali, invece, il riatto è già in fase di progettazione e, infine, di quindici abitazioni per le quali l’operazione di riatto è da progettare.

Il Piccolo, 28 febbraio 2009 
 
STRUTTURE COMUNALI. LA DENUNCIA DEI SINDACATI 
Non autosufficienti, residenza inadeguata  
Inaugurata 10 mesi fa. Intanto chiude la casa albergo. Cento anziani in lista d’attesa
 
 
A Monfalcone le residenze pubbliche per l’accoglienza degli anziani, autosufficienti e non, soffrono di gravi carenze. Tanto da creare una lista d’attesa di oltre cento di persone. La nuova residenza da 60 posti per non autosufficienti ha 10 mesi di vita, ma ne dimostra già molti di più a vedere i problemi accumulati in fatto di serramenti, illuminazione, impianto termico, servizi igienici, scarichi e, pare, anche di impianto di erogazione dell’ossigeno. Nel frattempo slitta a data da destinarsi la ristrutturazione della casa albergo di via Crociera, costruita una ventina d’anni fa e che metteva a disposizione 70 posti per autosufficienti, ma a quanto pare ormai fuori norma. Il raddoppio dei posti a disposizione per l’accoglienza degli anziani di Monfalcone, programmato da anni dal Comune, deve ancora attendere, visto che non c’è ancora traccia del finanziamento richiesto alla Regione e indispensabile per effettuare la manutenzione straordinaria dell’edificio, che nel frattempo costa però troppo all’ente locale. L’amministrazione comunale ha quindi deciso di chiudere del tutto la struttura che ancora ospita il centro diurno per anziani, gli uffici dei servizi sociali, la cucina, adeguata da poco con una spesa di 78mila euro anche perché la funzione è quella di servire la nuova struttura, che ne è priva. Cgil e Cisl Funzione pubblica e le Rsu del Comune di Monfalcone, che hanno incontrato in questi giorni il sindaco Gianfranco Pizzolitto e il direttore generale Primo Perosa, lanciano quindi un forte allarme sul futuro e sulla qualità del servizio garantito a una fascia debole della popolazione di Monfalcone. Da un lato ci sono appunto le carenze di una struttura nuova, che rende difficile il lavoro quotidiano degli operatori socio-assistenziali, diretti e indiretti, dall’altro i problemi creati dalla mancata ristrutturazione della casa albergo. La chiusura tout court dell’edificio mette a rischio, secondo i sindacati, intanto il servizio del centro diurno che non potrà contare su spazi adeguati nella residenza protetta, ma apre la strada anche all’esternalizzazione del servizio di refezione, ritenuto invece fondamentale dagli operatori per garantire una buona qualità di assistenza e di cura agli anziani ospiti. «La preoccupazione è quella di un lento, ma progressivo peggioramento del servizio – ha sottolineato ieri Luca Manià, della segreteria provinciale della Cgil-Funzione pubblica -, mentre l’amministrazione comunale non sta affatto chiarendo quali siano le sue intenzioni per il futuro, anche se ormai sono divenute abbastanza trasparenti. Erano inoltre mesi che sollecitavamo un incontro a fronte delle carenze della nuova struttura. L’abbiamo ottenuto martedì scorso. Speriamo che la promessa di mettere mano a quanto non funziona nell’arco di un mese sia rispettata». L’interrogativo, ha aggiunto Massimo Bevilacqua, della Cisl-Funzione pubblica, è se all’amministrazione comunale di Monfalcone interesse la qualità di questo servizio, di cui si attende ancora il potenziamento previsto da anni e già ritardato a lungo dalle vicissitudini della realizzazione della nuova residenza protetta (i lavori alla prima impresa, poi fallita, furono appaltati nel 2000). Il sindacato non condivide per nulla la decisione di appaltare all’esterno la cucina, sottolineando inoltre come il centro diurno è stato finora uno strumento molto importante di aiuto per le famiglie che hanno in cura parenti anziani.
Senza spazi adeguati, potrebbe ridursi invece in un parcheggio. I sindacati e le Rsu chiedono quindi che obiettivo dell’amministrazione rimanga quello della messa in funzione al più presto di entrambe gli edifici per realizzare il progetto che ha determinato la scelta della costruzione della nuova casa di riposo. Domandano anche che la cucina non sia chiusa e si copra, con un’assunzione a tempo indeterminato, il posto di cuoca rimasto vacante, e, se necessario, si trovino spazi adeguati per il centro diurno. «Il costo del welfare non può essere solo un problema di numeri – concludono i sindacati – e di percentuali, anche in una situazione finanziaria pesante come quella che gli enti locali devono gestire. Nelle scelte di razionalizzazione delle spese gli amministratori devono tener conto dei reali bisogni delle fasce più deboli dei cittadini».
Laura Blasich

Messaggero Veneto, 28 febbraio 2009 
 
Monfalcone. «E’ in atto un lento ma inesorabile smantellamento»  
Sindacati, timori sulla gestione della casa albergo
 
 
MONFALCONE. Qual è la vera strategia dell’amministrazione comunale rispetto alla gestione della casa albergo di Monfalcone, struttura che fornisce attualmente un servizio di eccellente qualità e che sembra destinata invece a un futuro molto meno “eccellente”, visti i problemi operativi e strutturali che si stanno inesorabilmnete accumulando? La domanda viene posta dai componenti della Rsu comunale, assieme ai segretari generali della funzione punbblica, Luca Manià della Cgil e Massimo Bevilacqua della Cisl, in rappresentanza di tutti gli operatori della struttura, ma in fondo anche degli anziani utenti, visto che soprattutto su loro si riflettono i vari problemi.
Due gli aspetti principali evidenziati: l’esternalizzazione della cucina, ammodernata da poco con una spesa di 78 mila euro e che sembra invece destinata alla chiusura e i problemi concreti della nuova struttura, inaugurata il 7 maggio 2008, in cui sono stati trasferiti tutti gli utenti della vecchia casa albergo e in cui esistono problemi ai serramenti, alle vasche, all’impianto termico, agli aspiratori dei bagni, ai mobili.
«Il 7 maggio è stata inaugurata la nuova casa di riposo, realizzata per accogliere gli anziani non autosufficienti, affiancandosi a quella esistente da destinare a ospiti autosufficienti. Il progetto aveva lo scopo di rispondere all’esigenza sempre più pressante di assistenza alla popolazione anziana e riportare sul territorio le numerose persone accolte in strutture fuori comune», spiega Manià, ricordando che attualmente la struttura ospita 60 anziani, 100 sono in lista d’attesa e 30 sono i monfalconesi che sono in strutture extracittadine (dove il Comune partecipa al pagamento delle rette).
In realtà l’ampliamento di spazi non si è avuto perché il Comune sta ancora attendendo il contributo regionale per poter sistemare la vecchia struttura e nel frattempo è stato deciso di trasferire tutto nella casa nuova, per ridurre i costi. La gestione della casa di riposo è affidata al personale dipendente del Comune (12 persone) e a personale di cooperativa (una quindicina) che collabora all’assistenza agli ospiti, alle mansioni di cucina e all’attività infermieristica. «Negli ultimi anni il personale dipendente che svolge mansioni di assistenza si è ridotto perché l’amministrazione ha scelto di non coprire con nuove assunzioni i posti vacanti per pensionamenti ed è stato aumentato il ricorso alla cooperativa. I servizi alla persona dovrebbero restare di gestione pubblica, ma qui, possiamo dire – aggiunge Bevilacqua – che è in atto un lento smantellamento del pubblico».
Cosa che si starebbe facendo anche per la cucina, dove operano due cuoche, di cui una però a breve dovrebbe andare in pensione e che non sarà sostituita. «La cucina, che fornisce un prodotto sempre fresco, è utilizzata a un terzo delle sue potenzialità, doveva essere usata per fornire i pasti in entrambe le case albergo e potrebbe essere usata come mensa aziendale e invece, nonostante si siano spesi 78 mila euro per sistemarla, si pensa di chiuderla. Tanto che ci chiediamo – dice ancora Bevilacqua – se potrebbe essere ravvisato un danno erariale. Certo è che se dovesse essere chiusa, il servizio esterno sarà di qualità inferiore, ma probabilmente di costo maggiore».
La cosa che più preoccupa sindacati e operatori è che vengono toccati dei servizi eccellenti, che l’amministrazione abdica alle sue responsabilità e che nessuno risponde rispetto a quello che è il vero disegno strategico e il malfunzionamento della struttura nuova. Infatti, ogni giorno gli operatori devono fare i conti con i gravi disservizi provocati dal malfunzionamento, dall’installazione incompleta, dai guasti frequenti delle attezzature. Il giorno di Carnevale, sindaco, direttore generale e assessore ai lavori pubblici hanno effettuato un sopralluogo insieme al personale e ai rappresentanti sindacali e si sono impegnati ad attivare tutti gli interventi necessari per garantire l’efficienza della struttura.

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