Il Piccolo, 20 settembre 2008 
  
L’EMERGENZA ABITATIVA IN UN INCONTRO COMUNE-SUNIA  
Casa Mazzoli, gli abusivi non se ne vanno  
Il sindaco spera che per lo sgombero non sia necessaria la forza pubblica
 
 
Dopo l’annuncio di giovedì dell’avvio della procedura di sgombero forzoso di Casa Mazzoli, in cui risiede abusivamente una ventina di persone, in città sono comparse nuove scritte contro l’amministrazione comunale e il sindaco Gianfranco Pizzolitto che, dopo due anni spesi alla ricerca di una soluzione alternativa, ha scelto la linea della fermezza. Le scritte, appunto contro il primo cittadino, sono state tracciate da mani ignote però nella zona della città in cui abita con la sua famiglia l’assessore alle Politiche sociali Cristiana Morsolin, che però ieri è voluta tornare sul tema dell’emergenza abitativa.
Intanto, gli occupanti rimangono nell’edificio di via San Giovanni Bosco, benché il palazzo sia privo dell’acqua dal primo pomeriggio di lunedì, quando i tecnici di Irisacqua hanno tagliato la fornitura d’intesa con il Comune. «In questi giorni è comunque emerso che non c’è molta chiarezza sul tema della casa», ha detto ieri l’assessore Morsolin, ribadendo ancora una volta di ritenere che per quel che riguarda l’emergenza abitativa l’assessorato abbia fatto tutto quanto in suo potere, cercando anche delle strade innovative. Come l’abbattimento dell’Ici dovuta per le seconde abitazioni che vengono affittate a canone concordato. Una misura che sarà riproposta nel bilancio del Comune per il 2009 e che ha consentito una notevole crescita delle locazioni a canone concordato, passate dalle 563 del 12 dicembre del 2007 alle 651 dell’11 settembre, pari a un più 16,6%. «Fra l’altro l’8,5% del totale delle locazioni a canone concordato è dato da quelle con il prezzo più basso», ha sottolinea ieri Cristiana Morsolin, sottolineando comunque come le azioni messe in campo dal Comune siano necessarie, ma non sufficienti a fare fronte a una situazione abitativa in progressivo peggioramento. «Manca una politica nazionale – ha detto ieri -, perché quanto iniziato con la legge 9 del 2007 è in fase di smantellamento. I 550 milioni destinati dalla legge all’edilizia residenziale pubblica sono finiti in un generico Fondo casa. L’obiettivo poi della legge 133 del 6 agosto, che entrerà in vigore il 21 ottobre, è poi quello di mettere in vendita il patrimonio pubblico per poi eventualmente acquistare nuovi alloggi». Viste le condizioni del patrimonio comunale e dell’Ater, ha osservato il segretario provinciale del Sunia (il sindacato degli inquilini assegnatari), Sergio Donda, servirà la vendita di almeno tre alloggi per ottenerne indietro uno nuovo. A Monfalcone poi dei 1.172 alloggi pubblici la metà è affittata a canone sociale, a persone, quindi, che non avranno alcuna intenzione, con tutta probabilità, di rilevare l’alloggio in cui risiedono. «Di fatto si tolgono investimenti a un settore che ne ha un fortissimo bisogno – ha aggiunto l’assessore – e si spingono gli alloggi in proprietà e non in locazione, di cui c’è una crescente esigenza per la mobilità del lavoro e il livello delle locazioni». La Regione, quindi, secondo l’assessore e Donda, nettamente contrario alla vendita del patrimonio residenziale pubblico, non dovrebbe recepire la nuova normativa nazionale. «Si dovrebbe piuttosto investire per il recupero di questo patrimonio», ha sottolineato Donda, secondo cui gli alloggi sfitti, perché da recuperare, gestiti dall’Ater a Monfalcone sono oltre una sessantina. Nel frattempo sta comunque proseguendo l’azione per avviare l’autorecupero di un immobile messo a disposizione dal Comune, che si è rivolto all’associazione Alisei, già forte di esperienze del genere in Lombardia. 
 
 Messaggero Veneto, 20 settembre 2008
 
Monfalcone. L’assessore alle Politiche sociali fa il punto della situazione dopo la vicenda di casa Mazzoli  
«Alloggi, il Comune fa il possibile»  
Cristiana Morsolin: mancano specifici indirizzi a livello nazionale
 
 
MONFALCONE. La vicenda di casa Mazzoli riporta con prepotenza l’attenzione sul problema casa a Monfalcone, su cui «non c’è grande conoscenza. Ritengo – dice l’assessore alla politiche sociali, Cristiana Morsolin – che il Comune abbia fatto quanto in suo potere rispetto alle norme esistenti per far fronte alla crescente tensione abitativa». Basti pensare che dal dicembre 2007, quando i canoni d’affitto concordato erano 563, si è passati ai 651 del 4 settembre (+15,63%). «E di questi, l’8% riguarda proprietari che hanno potuto vedere l’Ici sulla seconda casa, facilitazione prevista per chi affitta a canone concordato, diminuita dal 7 al 3 per mille: ciò significa che hanno applicato l’affitto a fascia più bassa. E’ un buon risultato» osserva l’assessore, che ricorda come a Monfalcone si sia firmato un accordo Comune/Ater per l’autorecupero di alloggi.
Oltre ad aver messo a disposizione una struttura comunale, sono state destinate risorse per fare il piano di recupero assieme all’associazione Alisei e a famiglie in stato di disagio eonomico. Insomma, azioni che rispondono alla fame di alloggi in città.
«Siamo d’accordo che il milione di euro destinato all’abbattimento degli affitti avrebbe potuto essere usato per realizzare residenze pubbliche, ma serve allora cambiare la legge. Per ora resta una soluzione tampone, che consente però alle famiglie di arrivare a fine mese» afferma, riconoscendo che la situazione sta peggiorando e che ciò deriva dall’assenza di una politica nazionale residenziale pubblica. «Era stata avviata un’inversione con la legge 9, legge Ferrero che aveva stanziato fondi per l’edilizia residenziale pubblica e con cui il Comune di Monfalcone aveva ottenuto fondi. Ora invece – prosegue – i 550 milioni di euro stanziati sono finiti in un generico Piano Casa compreso nella legge 133 dell’agosto 2008, che diventerà operativa in ottobre e che parla di vendita di alloggi pubblici. Ciò crea una doppia criticità: taglia le risorse all’edilizia pubblica e non incentiva il mercato di alloggi in affitto accessibile. Promuove invece gli alloggi in proprietà, in un momento che richiede invece affitti».
Sergio Donda, segretario provinciale Sunia, evidenzia che il Piano Casa fa perdere risorse (da 550 a 150 milioni da affidare ai Comuni) con l’unico obiettivo di privatizzare il patrimonio pubblico, «ipotesi a cui siamo contrari». (cr.vi.)