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Il Piccolo, 04 agosto 2009 
 
La Cgil chiede ai giudici del Tar di bloccare i controlli regionali anti-alcol sui lavoratori 
Il sindacato accusa: «Si violano la libertà e i diritti del singolo con misure troppo invasive» 
Kosic: «Resto senza parole» Rosolen: «Doveroso vigilare non solo nelle fabbriche» 
 
di MARTINA MILIA

TRIESTE La Regione applica la tolleranza zero nei confronti di chi si presenta al lavoro dopo aver bevuto alcol, ma la Cgil protesta. E presenta ricorso al Tar contro le «Linee guida per la prevenzione dei problemi di sicurezza sul lavoro legati all’assunzione di alcolici». Sotto tiro le modalità previste per la «sorveglianza sanitaria»: modalità che il ricorso del sindacato, curato da Vittorio Angiolini (già avvocato nel caso Englaro), giudica «pesantemente invasive della libertà e dei diritti del lavoratore, con effetti sulla stessa continuità del rapporto e sullo svolgimento della prestazione lavorativa». In questa battaglia per i diritti dei lavoratori il sindacato rischia di passare per paladino di chi ha il vizio della bottiglia, ma la Cgil non teme affatto l’equivoco: «Il nostro è un ricorso che ha solide basi giuridiche. Se la legge nazionale del 2001 e la conferenza Stato Regione del 2006 hanno sancito dei paletti giuridici – replica Giuliana Pigozzo – ci sarà una ragione?».
LA DELIBERA Il testo approvato dalla Regione si articola su vari punti: informazione e formazione, valutazione dei rischi, definizione di una rete di referenti istituzionali, sorveglianza sanitaria dei lavoratori. E proprio su questo punto si concentra l’attenzione del ricorso. L’attività di sorveglianza, infatti, si divide in quella mirata «al controllo sanitario preventivo e periodico per i lavoratori addetti alle mansioni a rischio» e quella finalizzata «ad affrontare specifiche situazioni di bere a rischio/problematico e alcol dipendenza del singolo lavoratore», ampliando di fatto la categoria di quanti possono essere sottoposti a controlli. Le linee guida danno poi ampi poteri ai medici che possono, in caso di mancato consenso del lavoratore, sollecitare il datore ad avviare una verifica dell’idoneità del dipendente. Verifica che può portare fino all’allontanamento temporaneo dal luogo di lavoro.
LE MOTIVAZIONI La Cgil ritiene che la delibera, oltre a non rispettare quanto stabilito nell’intesa regionale sulla salute e sicurezza sul lavoro (sottoscritta lo scorso 22 ottobre con l’assessore Alessia Rosolen), vada ben oltre le competenze della Regione. In primis perchè estende i controlli sanitari a tutti i lavoratori, indipendentemente dall’occupazione. Contrariamente all’articolo 15 della legge 125 del 2001, sempre secondo il ricorso, la Regione darebbe inoltre troppi poteri al datore di lavoro «dilatando oltre il consentito la “sorveglianza sanitaria” sul lavoratore e soprattutto disciplinando, in maniera difforme da quanto fanno le citate previsioni legislative, le conseguenze di tali accertamenti rispetto al rapporto di lavoro». Quello che non convince la Cgil è il fatto che «si prefigura la possibilità di procedere ai controlli solo sulla base della segnalazione del datore di lavoro o dei suoi delegati, di variare le mansioni del lavoratore o addirittura l’allontanamento dal posto di lavoro sulla base del semplice “sospetto” del medico competente» che, di fronte al rifiuto del dipendente di sottoporsi a verifiche, può sollecitare l’avvio del percorso per controllare l’idoneità lavorativa (articolo 5 legge 300).
BOTTA E RISPOSTA «Giudichiamo di estrema gravità l’azione amministrativa promossa dalla Regione – commenta Giuliana Pigozzo – che, tra l’altro, viola uno specifico accordo precedentemente fatto con le tutte le parti sociali ed opera un’ingiusta commistione tra le esigenze di tutela della sicurezza sul lavoro e gli obiettivi di prevenzione della salute e di controllo sociale che, a differenza di quanto è stato fatto, deve svolgersi ricorrendo a strumenti coerenti con la legislazione vigente». Incredula la Regione. «Di fronte a certe posizioni resto disarmato – commenta l’assessore alla Salute, Vladimir Kosic -. Bisogna chiedersi se l’alcol è un problema oppure no». Per l’assessore al lavoro, Alessia Rosolen, «la vigilanza è doverosa, prima di tutto per il lavoratore stesso e poi per gli altri. Anche chi si fa una canna e lavora dietro una scrivania ha il dovere di essere pienamente vigile sul posto di lavoro. L’assunzione di alcol e sostanze psicotrope non va visto solo come un problema di chi lavora in catena di montaggio».

Il Piccolo, 05 agosto 2009 
 
BELCI CONTRO L’ASSESSORE ALLA SALUTE  
«La Cgil non difende gli alcolisti, ma Kosic esagera»
 
 
TRIESTE La premessa è che la Cgil «non intende tutelare gli alcolisti». Ma, chiarito questo, il segretario regionale Franco Belci ritorna alla carica sui controlli regionali anti-alcol sui lavoratori: «L’assessore Vladimir Kosic rimane senza parole di fronte al nostro ricorso al Tar? Già sul tema del 118 di Trieste abbiamo minacciato di adire le vie legali. Stavolta, siccome l’assessore è recidivo, lo abbiamo fatto sul serio». Il segretario regionale della Cgil, a proposito delle linee guida regionali per la prevenzione dei problemi di sicurezza sul lavoro legati all’assunzione di alcolici, parla di delibera «illegittima e inefficace» e attacca la giunta: «Non si vede perché debba andare oltre la normativa nazionale e prevedere modalità di intervento invasive della libertà individuale dei lavoratori». La buonafede? «Non ne vedo. La Regione ha scelto il terreno più facile, che è cosa diversa». Secondo Belci, prima di occuparsi di rafforzare i controlli sull’alcolismo, la giunta Tondo avrebbe dovuto affrontare le cause principali degli incidenti «che sono i ritmi di lavoro, lo spezzettamento del ciclo produttivo con la logica degli appalti, la mancanza di formazione, la precarietà del rapporto di lavoro, il lavoro nero. Non a caso gli infortuni che riguardano i lavoratori migranti sono il doppio rispetto a quelli dei lavoratori italiani».
Citando i dati Inail, il segretario della Cgil precisa quindi che, «in un Friuli Venezia Giulia secondo in Italia per infortuni, sono aumentati del 10,1% gli infortuni sul lavoro di lavoratori atipici, temporanei e parasubordinati». I soliti «no» della Cgil? «Al contrario, siamo il partito del “si”. Il problema dell’alcolismo esiste, riguarda i lavori più usuranti e degradati, va combattuto fino in fondo ma va affrontato all’interno di un confronto serio, a tutto campo, che l’assessore ha finora evitato. Anche questa delibera nasce in maniera burocratica, unilaterale. Succede spesso con Kosic. Non è preparato al confronto col sindacato e preferisce agire in questo modo. I risultati invece si ottengono con il confronto, il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali, con la loro capacità di responsabilizzare i lavoratori». E ora che succede? «Se Kosic ripristina corrette relazioni sindacali, apre un confronto tra Regione, Ass, associazioni datoriali e sindacato e ritira la delibera, noi ritiriamo il ricorso al Tar». C’è anche una proposta: «Nell’ultimo Comitato regionale per la sicurezza mancavano sia Kosic sia gli altri due assessori le cui deleghe incrociano i problemi della materia. Propongo dunque che le sedute del Comitato si svolgano in Consiglio regionale e siano aperte al pubblico – conclude Belci -. I lavoratori potranno assistere a una discussione che riguarda la loro vita e verificare presenze e assenze». (m.b.)

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