Il Piccolo, 22 settembre 2008

«Fincantieri coinvolta nei problemi sociali»  
Lo Sdi punta il dito sulla politica degli appalti attuata dalla società
 
 
La vicenda di Casa Mazzoli è figlia in qualche modo dei grandi cambiamenti sociali indotti nella città negli ultimi 10-15 anni dalle scelte produttive della Fincantieri. Lo Sdi, che si è riunito in questi giorni per esprimere un proprio giudizio sulla vicenda, torna quindi a chiamare pesantemente in causa Fincantieri la situazione di tensione abitativa esplosa a Monfalcone a causa della forte immigrazione da fuori regione e, negli ultimi anni, anche da Paesi extracomunitari.
«La Fincantieri ha dato tanto alla città, perché nessuno di noi è tanto pazzo da sottovalutare il valore del lavoro prodotto dal cantiere navale di Panzano – sottolinea il consigliere comunale dello Sdi, Giordano Magrin -, ma anche la città ha dato tanto, accollandosi il peso sociale delle scelte produttive operate dalla società negli ultimi vent’anni».
Lo Sdi continua a ritenere che Fincantieri dovrebbe contribuire a risolvere, almeno in parte, i problemi abitativi esistenti a Monfalcone. I socialisti ritengono perciò che Fincantieri dovrebbe dotarsi di uno strumento come il bilancio sociale per meglio interagire con la comunità, di meno di 28mila residenti, e il territorio in cui è insediato il più grande cantiere navale del gruppo.
Lo Sdi ritiene comunque che anche l’Ater abbia le sue responsabilità. «È sacrosanto che gli alloggi siano assegnati a chi è in graduatoria e a chi ne ha diritto – afferma ancora il consigliere comunale Magrin -, ma qualche sbocco si potrebbe trovare per risolvere le situazioni più urgenti». Rispetto alla vicenda di Casa Mazzoli, giunta a un punto di rottura una settimana fa con il taglio della fornitura dell’acqua, i socialisti vogliono esprimere piena solidarietà e sostegno al lavoro svolto dall’assessore alle Politiche sociali Cristiana Morsolin, che «ha cercato con impegno di arrivare a una soluzione positiva dell’occupazione abusiva». Lo Sdi esprime solidarietà anche al sindaco Gianfranco Pizzolitto «per le scritte ostili nei suoi confronti che sono comparse in città in questi giorni». Pure i socialisti si augurano comunque che «non ci sia la necessità di un’azione forzosa di sgombero, vista la presenza di bambini nell’edificio». 
 
L’OCCUPAZIONE DI VIA DON BOSCO 
Abusivi in difficoltà, chiedono di trattare  
Il sindaco Pizzolitto invita gli inquilini a lasciare la casa prima dello sgombero forzoso
 
 
di FABIO MALACREA

«Qui in Casa Mazzoli continuiamo a rifornirci con la taniche per ovviare alla chiusura della fornitura dell’acqua da parte di Iris. La situazione si fa sempre più difficile. Ma nessuno di noi intende uscire spontaneamente fino a quando non ci saranno prospettate delle alternative accettabili. Ciò che finora ci è stato offerto non lo è». È Gilberto Mattei, monfalconese, abusivo «storico» a parlare, una sorta di portavoce degli inquilini di Casa Mazzoli occupata da anni da una ventina di persone (tre famiglie campane con 4 figli minori e due «isolati»). Ma la situazione è difficile e Mattei ha chiesto di poter incontrare il sindaco oggi per cercare di trovare una via d’uscita «incruenta» all’impasse. Da una settimana ormai gli occupanti si trovano senz’acqua (gli inquilini avevano accumulato un debito di 4000 euro con Iris), ma l’energia elettrica c’è ancora e le famiglie utilizzano stufe elettriche e a gas per riscaldarsi. E come Mattei non sono disposte a cedere neanche le altre famiglie asseragliate nello stabile che fa affidamento anche sulla comunità campana presente in città per ricevere qualche aiuto.
«Non siamo dei delinquenti – dice una giovane donna napoletana, che con il marito e i 3 figli occupa un alloggio vicino -. E se siamo venuti qui è stato per disperazione, non certo perchè la riteniamo una situazione comoda. Lo stipendio di mio marito non ci basta per vivere. Là fuori non si trovano appartamenti in affitto a 3-400 euro al mese, quanto potremmo pagare. Come possiamo farcela? Non meritiamo di essere trattati da delinquenti. Invece di buttarci fuori da qui, ci diano piuttosto un sostegno per l’affitto». La donna e la sua famiglia ora si scaldano con stufette elettriche. «Le bollette dell’elettricità le paghiamo tutte – aggiunge Mattei – e sono salatissime. Ora lo saranno ancora di più, visti i consumi. Al momento non vedo uno sbocco favorevole. Siamo tutti in attesa di vedere quello che accadrà nei prossimi giorni. Tutti noi stiamo vivendo momenti di grande angoscia e preoccupazione».
Un’altra famiglia campana vive a Monfalcone dal ’99 anni e dal 2004 occupa Casa Mazzoli, da quando lo stabile è stato abbandonato dagli inquilini «regolari». Nessuno lavora: il capofamiglia ha avuto problemi di salute e ci sono i figli piccoli. Prima la famiglia abitava a Panzano. Ma ha dovuto lasciare l’alloggio per problemi di agibilità. Da allora si sono trasferiti in via San Giovanni Bosco. «Il mio sogno – dice la donna – sarebbe una casa con i termosifoni, visto che qui non c’è riscaldamento e ci arrangiamo con le stufe elettriche». Anche lei è preoccupata dell’ultimatum del Comune. «Certo che siamo preoccupati, lo siamo tutti, non sappiamo quello che potrebbe succedere», aggiunge Mattei.
I venti occupanti di Casa Mazzoli insomma resistono, mentre il Comune ha avviato la procedura per ottenere lo sgombero forzoso dello stabile di via San Giovanni Bosco, pur nella speranza che si possa non arrivare all’intervento diretto delle forze dell’ordine e che l’abbandono avvenga spontaneamente.
Il sindaco Gianfranco Pizzolitto preferirebbe, dal canto suo, che la situazione si risolvesse in modo pacifico. «Non ho alcuna intenzione di mettere in atto interventi punitivi nei confronti negli inquilini abusivi di Casa Mazzoli – dice il sindaco -. Che un forte disagio sociale ci sia, in città, sul fronte della casa è sotto agli occhi di tutti. Ma non è giusto che ci siano due diverse categorie tra le tante persone che sono costrette ad affrontare queste difficoltà: quelle che osservano le regole e che seguono percorsi legittimi per cercare di trovare una soluzione, e quelle che invece cercano di risolvere il problema rifiutando ogni proposta e mettendosi contro le regole. Tollerare una situazione del genere è ingiusto nei confronti di chi, invece, le regole le osserva. Ora, anche per tutelare i più deboli, cioè i bambini che si trovano a vivere in condizioni veramente difficili in quella casa, è il momento di intervenire e ripristinare la legalità».
Il sindaco, insomma, non cede di un passo sulla sua decisione di andare allo sgombero forzoso di Casa Mazzoli, anche se confida «che alla fine prevalga il buon senso e gli inquilini decidano spontaneamente di lasciare l’immobile di via San Giovanni Bosco e di accettare le proposte alternative che sono state loro fatte».
Il sindaco si è confrontato con il nuovo prefetto di Gorizia Maria Augusta Marrosu e ha deciso di firmare l’ordinanza di sgombero forzoso. Non si può pretendere di non rispettare le regole – aggiunge – senza subirne le conseguenze. Non esistono gradazioni di legalità, ce n’è una sola e va rispettata. Esistono altri strumenti, oltre alle occupazioni abusive, per risolvere il problema della casa a Monfalcone. Ne abbiamo mesi in piedi numerosi in questi ultimi anni, basta osservare le poste in bilancio finalizzate proprio ad attenuare il disagio-casa. Bisogna però tenere conto che la vera emergenza che sta vivendo il Comune di Monfalcone non è costituita dalla criminalità, per fortuna sotto controllo, ma piuttosto dalle nuove povertà. In passato una famiglia con un reddito di 1300 euro al mese non avrebbe incontrato difficoltà. Oggi sì.
«Con l’aumento degli affitti e il caro-vita – continua – questi redditi non bastano più e sono sempre più numerosi quelli che chiedono un sostegno all’amministrazione. Che, da parte sua, cerca di dare risposte con le risorse di cui dispone. Con aiuti per pagare gli affitti, con interventi diretti di sostegno a favore degli anziani, di chi è senza casa. Il disagio sociale è evidente, e lo sappiamo, ma è inaccettabile che ci siano alcune frange che cercano di condizionare l’amministrazione, di superare le regole. Non possiamo, come amministrazione, tollerare che, all’interno di questa situazione di disagio, ci siano i ”furbi” e quelli dotati di senso civico. Una guerra fra poveri, in questo senso, frantumerebbe la città in mille pezzi».

Messaggero Veneto, 23 settembre 2008 
 
Emergenza casa, lo Sdi punta il dito su Fincantieri e Ater 
 
MONFALCONE
MONFALCONE. La vicenda di Casa Mazzoli (nella foto), oltre a essere conseguenza di situazioni di disagio sociale ed economico, deriva anche dai grandi cambiamenti sociali indotti a Monfalcone negli ultimi 10-15 anni dalle scelte produttive di Fincantieri. E’ lo Sdi di Monfalcone, riunitosi in questi giorni per esprimere un proprio giudizio sulla vicenda, a chiamare pesantemente in causa, ancora una volta, il sistema produttivo di Fincantieri a causa della forte immigrazione di lavoratori da fuori regione e, negli ultimi anni, anche da Paesi extracomunitari ha aggravato la situazione di tensione abitativa esplosa a Monfalcone.
“Nessuno sottovaluta il valore del lavoro prodotto dal cantiere navale ed è indubbio che Fincantieri abbia dato tanto alla città – sottolinea il consigliere dello Sdi, Giordano Magrin -, ma anche la città ha dato dato, accollandosi il peso sociale delle scelte produttive operate dalla società. Lo Sdi continua a ritenere che Fincantieri dovrebbe contribuire a risolvere, almeno in parte, i problemi abitativi esistenti a Monfalcone”. I socialisti ritengono perciò che Fincantieri dovrebbe dotarsi di uno strumento come il bilancio sociale per meglio interagire con la comunità e il territorio in cui è insediato il più grande cantiere navale del gruppo.
Non da meno lo Sdi individua forti responsabilità anche nell’Ater. “E’ sacrosanto che gli alloggi siano assegnati a chi è in graduatoria e a chi ne ha diritto – afferma ancora il consigliere comunale Magrin -, ma qualche sbocco si potrebbe trovare per risolvere le situazioni più urgenti”. Rispetto la vicenda di casa Mazzoli, giunta a un punto di rottura nove giorni fa con il taglio della fornitura dell’acqua, i socialisti vogliono esprimere piena solidarietà e sostegno al lavoro svolto dall’assessore alle politiche sociali Cristiana Morsolin, che “ha cercato con impegno di arrivare a una soluzione positiva dell’occupazione abusiva”. Lo Sdi esprime solidarietà anche al sindaco Gianfranco Pizzolitto “per le scritte ostili nei suoi confronti che sono comparse in città in questi giorni” e come il primo cittadino si augurano comunque che “non ci sia la necessità di un’azione forzosa di sgombero, vista la presenza di bambini nell’edificio”.

Il Piccolo, 23 settembre 2008

Il sindaco non cede: si va allo sgombero  
Ieri confronto con un occupante di Casa Mazzoli
 
 
Sono intanto giorni di attesa per l’amministrazione comunale e per gli abusivi di Casa Mazzoli, lo storico edificio di via San Giovanni Bosco occupato da tre famiglie e due «isolati» per complessive 20 persone, tra cui alcuni bambini. Dopo aver concordato con Irisacqua il taglio della fornitura dell’acqua, il 15 settembre, l’amministrazione comunale ha avviato la procedura di sgombero forzoso dell’immobile, che il sindaco Gianfranco Pizzolitto prevede potesse essere attuata nell’arco di una decina di giorni.
L’amministrazione comunale, insomma, non fa marcia indietro. Lo ha confermato ancora una volta ieri il sindaco Pizzolitto, che in questi giorni ha avuto un incontro a quattr’occhi in centro con Gilberto Mattei, uno degli occupanti dell’edificio di via San Giovanni Bosco. «Pur comprendendo le difficoltà in cui le famiglie si possono essere venute a trovare in questi giorni – ha aggiunto il sindaco -, non ci possono essere eccezioni alle regole. Non può essere che chi più grida scavalca altri, che pure si trovano in condizioni di disagio, ma sono rimasti in percorsi di legalità».
L’amministrazione comunale, proprietaria dell’immobile, in condizioni di sempre maggiore degrado, anche dal punto di vista igienico-sanitario, ha inviato anche delle segnalazioni al Tribunale dei minori in modo da tutelare i quattro bambini che risiedono nell’edificio assieme alle loro famiglie.